Non è certo una realtà semplice quella descritta dalla lente intimista e provocatoria di Ivan Cazzola, il giovane fotografo torinese decretato da Dazed Digital tra i migliori del 2010. La sua monografia, pubblicata nel 2012, offre insoliti spunti di riflessione su verità troppo spesso deformate da filtri e pregiudizi sociali.
Una fotografia dal taglio autobiografico ed emozionale
Sconcertante, per tanti versi, a causa di quella insolente e ironica sincerità che racconta una realtà ruvida e non filtrata da pose plastiche, atteggiamenti studiati o fotoritocchi digitali che tentano di limare difetti e imperfezioni.
Un linguaggio espressivo, quello di Ivan Cazzola, che ha trovato modo di affermarsi soprattutto all’estero dove questa particolare scelta narrativa è ormai accettata per consuetudine, mentre stenta ancora ad affermarsi pienamente nell’ambito della nostra cultura, più prevenuta e difficilmente disposta all’azzardo.
Eclettico e autodidatta, Ivan ha accumulato un’invidiabile esperienza professionale grazie alla collaborazione con importanti magazines e fashion labels, lavorando principalmente tra Londra e New York e sperimentando nuovi approcci non solo in campo fotografico, ma anche nel video editing.
Nelle sue immagini nulla può essere dato per scontato e ogni dettaglio ha un peso: location underground, ambienti di periferia, atmosfere metropolitane e scorci di umanità alla deriva vengono ritratti con il sensibile desiderio di raccontare quella quotidianità che solitamente tendiamo a voler ignorare, per scorgerne ove possibile i tratti più intensi e significativi.
Saturazioni accentuate, colori graffianti o narrazioni in bianco e nero, dove le ombre forzate e profonde come solchi spostano l’attenzione su dettagli di follia che lasciano intuire la storia personale di ciascun soggetto coinvolto.
Lo sguardo di Ivan si sposta ai margini, a descrivere ciò che maggiormente ci spaventa perché difficilmente comprensibile – clochard, transessuali, tossici, gangsters, zingari e prostitute – ma anche altri tipi di umanità, non nomade ma d’elite, come rock bands, star cinematografiche, modelle e artisti colti però nella loro normalità, magari nei backstage o nella loro vita privata, nei rari momenti in cui la maschera della celebrità non è ancora stata indossata.
Che si tratti di amici a cui è profondamente legato o di gente incontrata casualmente per strada, di cui avverte la necessità di ritrarre gli aspetti che ama o che lo infastidiscono, Ivan Cazzola sembra in ogni caso voler infrangere a tutti i costi quel distacco emotivo, quella distanza di sicurezza che sempre più si interpone tra gli esseri umani, relegandoli nel loro isolamento, per indagarne, al contrario, i pensieri più intimi e le paure più nascoste.