vino bio

L’ecosostenibilità dovrebbe interessare ogni settore delle attività dell’uomo. Tra queste, dunque, non può mancare anche l’alimentazione. Oramai assai diffuso, il vino green veniva presentato per la prima volta quasi un decennio fa. Frutto di ricerche e studi finalizzati ad individuare una modalità che permetta di ottenere un ottimo prodotto, ma salvaguardando l’ambiente nello stesso tempo.

Il progetto per il primo vino green fu presentato in un’evento d’eccellenza, il Vinitaly di Verona, fiera annuale ed importante appuntamento del settore enogastronomico. Qui, dove ogni anno vengono presentate le varie novità e le migliori vendemmie,  Unioncamere e Dintec scrl, il Consorzio per l’Innovazione Tecnologica, che si era occupato degli aspetti tecnici, lanciarono in anteprima il loro vino ecosostenibile.

Il cuore del progetto era la DAP (Dichiarazione Ambientale di Prodotto), derivata dall’inglese EPD (Environmental Product Declaration), una vera e propria carta di identità del prodotto che grazie ad un’apposita etichetta aveva iniziato a condividere con noi tutti i dettagli tecnici relativi al rapporto tra prodotto ed ambiente. Questa speciale etichetta non solo consentiva di effettuare comparazioni tra i diversi prodotti, ma corrispondeva ad una sorta di indicatore per capire quanto il prodotto vitivinicolo era realmente amico dell’ambiente.

Il Life Cycle Assessment

I dati si basavano sul LCA, Life Cycle Assessment, una metodologia scientifica e consolidata nella letteratura aziendale che permetteva di misurare l’impatto ambientale di un prodotto, dalla sua ideazione fino allo smaltimento, grazie alla collaborazione con organismi terzi accreditati.

Il metodo LCA non era, fin da allora, affatto nuovo, ma era la prima volta che trovava applicazione nell’ambito vitivinicolo. Ad utilizzarlo furono due aziende Campane, le prime ad adottare questa sperimentazione, la Feudi di San Gregorio e l’Azienda Agricola Fontanavecchia rispettivamente di Avellino e Benevento, incentivate dalle Camere di Commercio.

Il progetto VIVA, invece, anch’esso destinato alla produzione di vino ecosostenibile, includeva la partecipazione di altre aziende tra cui nove grandi produttori (come i F.lli Gancia, Marchesi Antinori, Mastroberardino e Venica&Venica), supportati dal Ministero dell’ambiente ed Università.