investimento scuola italiana

Tagli sì, tagli no… Cosa succederà alla scuola italiana? Si tornerà finalmente a investire o tutto collasserà a livelli da Terzo Mondo? Prima di diventare premier Renzi aveva insistentemente ripetuto che la rinascita italiana doveva partire dalla scuola, che si doveva tornare ad investire e non a tagliare, ma, col senno di poi, le cose non sono cambiate. Si parla infatti sempre più spesso di tagli contestuali. Graziano Delrio, ex-Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri nel Governo Renzi, aveva infatti dichiarato che la revisione alla spesa (la famosa spending review) avrebbe toccato anche sanità e scuola. Ai microfoni del Skytg24 aveva infatti detto: “Non vogliamo tagliare servizi, ma togliere incrostazioni… Nessuno è escluso. Ma nessuno avrà un diritto in meno, un servizio in meno: avrà invece una scuola più bella, un ospedale più efficiente.”

L’ex ministro dell’Istruzione Giannini non ci era stata e si era dichiara apertamente “stupita”. Diceva che non le era mai stato “comunicato nulla di specifico”. Già troppi erano i problemi che affliggevano la scuola italiana e ulteriori tagli avrebbero portato il sistema al collasso. Bisognava mettere in sicurezza gli edifici scolastici in pericolo o inagibili. Bisognava anche trovare i fondi per la messa in regola dei precari e le nuove assunzioni. Necessarie erano (e sono tuttora) anche le misure di modernizzazione e digitalizzazione delle amministrazioni e della didattica. Per non parlare del diritto allo studio, dei quota 96, degli idonei non in graduatoria, dell’annullamento dei processi di dimensionamento che hanno creato le classi-pollaio e i maxi-istituti di migliaia di studenti. Tante cose da fare, pochissimi soldi per farlo…

Stefania Giannini cercò rassicurazioni tra i colleghi di Governo e dopo un giro di chiamate si sente più sicura. Dice pubblicamente di non credere che ci saranno tagli ai fondi per la scuola. Questa la dichiarazione ufficiale nel 2014: “questo settore costituisce un impegno prioritario del GovernoAnche se i tagli della spending review coinvolgono tutta la pubblica amministrazione, e considerando pure che già è stata fatta in questo senso una cura dimagrante, sarebbe abbastanza contraddittorio sottrarre comunque risorse alla scuola, visto che la consideriamo una priorità.”

I tagli subiti dalla scuola italiana

Intanto la Fondazione Agnelli ha condotto uno studio su dati statistici del MIUR per capire quanti tagli ha già subito la scuola italiana. Ne viene fuori che in Europa l’Italia (insieme alla Lituania) è l’unico Paese che non investe più sulla scuola dal 2008. Il periodo più intensivo, relativamente ai tagli, è stato il triennio Germini-Tremonti quando il personale della scuola statale (insegnanti e Ata) è diminuito del 10,9%, una percentuale quasi doppia della media del pubblico impiego, che nello stesso periodo ha visto nel suo insieme una contrazione del 5,6%. Il taglio non ha riguardato tutte le Regioni in modo equo. In molte province del Sud si è registrata una diminuzione dei docenti di ruolo fino al 18%… Gli ultimi finanziamenti strutturali importanti nella scuola risalgono agli anni ’60 del secolo scorso. E da allora, infatti, la scuola è solo peggiorata.