patto scuola

C’è un patto in atto e ai patti seguono i piani, quindi i fatti. Evitando i soliti intoppi, i ritardi, le tipiche retromarce e le liti tra categorie, il MIUR dovrebbe essere in grado di fare qualcosa di buono per la scuola italiana. Il premier Renzi sa che l’argomento è caldo e che, per dare un segno forte a tutti coloro i quali sperano ancora nel cambiamento e nel rilancio della nazione, bisogna proprio investire sulla scuola. Finora è stato fatto davvero troppo poco… Si è parlato tanto ed è stato preparato un dossier sul futuro della scuola italiana. Poi il buio. Si spera dunque nel piano per la scuola, che prevede un nuovo contratto di lavoro. I canoni della proposta sono indirizzati ai premi e alle integrazioni sul normale stipendio. Come? Assegnando più ore a tutti i docenti, per un totale di trentasei ore settimanali, e garantendo aumenti di stipendio ai docenti specializzati, responsabili o attivi nella gestione scolastica, come succede per i vicepresidi e i docenti senior.

Questa sarebbe la prima vera novità introdotta dal Ministero dell’Istruzione a quattro mesi dall’insediamento di Stefania Giannini e del sottosegretario Reggi, il principale autore delle proposte. Il nuovo piano dovrebbe essere presentato in consultazione entro il 15 luglio, crisi parlamentare permettendo. Intanto Renzi dovrebbe vagliarlo per l’iter di legge deroga. Ma bisogna far presto, perché si avvicina la pausa estiva che bloccherà il lavoro del governo.

Sui contenuti fondanti del piano in questione si sa ancora poco. Di base tutto sembra ruotare intorno alla questione del contratto, che riguarda più di un milione di insegnanti. Docenti e sindacati vogliono più soldi. L’Italia è tra i Paesi industrializzati che spende meno per la scuola, una delle nazioni occidentali che paga peggio i docenti. Questi soldi però, inutile prendersi in giro, non ci sono. Per questo il MIUR ha pensato di lavorare sugli incentivi, su scatti d’anzianità invariati e premi stipendiali fino al trenta per cento per i docenti impegnati in ruoli organizzativi (vicepresidi, docenti senior) o attività specializzate (lingue, informatica o altro). In cambio il ministero chiede agli insegnanti una maggiore disponibilità, vale a dire più ore a scuola per un periodo più lungo.

Ma quanto lavorano in media i professori italiani? Quale maggiore disponibilità è chiesta loro? Nelle medie e nelle superiori un docente lavora più o meno di diciotto ore settimanali (a cui vanno aggiunte le ottanta ore annuali per consigli di classe e d’istituto). Il resto delle ore non sono regolarizzate e conteggiate. C’è chi non fa un minuto in più e chi arriva a quaranta o quarantacinque ore. Le trentasei ore per tutti diventerebbero così una soglia comune (per altro già messa in atto alle elementari e alle scuole d’infanzia). In questo modo si supererebbe il problema delle supplenze brevi, delle classi scoperte e delle chiamate esterne che costano tanto alla scuola e poco lasciano agli studenti.