Nonostante la crisi della carta stampata e dell’informazione in generale, ancora in molti sognano di poter lavorare come giornalisti. Un lavoro affascinante, importante, che offre scarse prospettive di successo e poca tranquillità economica. Specie per i novizi e chi non può contare su “grandi amicizie” e “ottime spinte”. Non esiste più il reporter del Novecento, né il professionista della cronaca e dell’interpretazione dei fatti. Internet, pluralità dei punti di vista e dei canali di informazione e spiacevoli dinamiche sociali rendono quasi impossibile per un giovane sognare un futuro da professionista dell’informazione. La rete offre sì possibilità di esprimersi e di imparare, attraverso blog personali, piccole testate on line, ma la retribuzione è praticamente nulla… Nei quotidiani e nelle riviste cartacee inserirsi è davvero impossibile. Ma come si diventa giornalista?
Una guida sull’iter burocratico
Ai sensi dell’art. 1 legge n. 69/1963, vengono chiamati professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista. Pubblicisti sono invece coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi.
Per diventare giornalisti professionisti iscritti all’albo bisogna seguire una scuola di giornalismo o attendere un praticantato presso un organo di stampa registrato al tribunale. Sono diciotto mesi di stage (per i criteri orientativi visitare il sito www.odg.it) che vanno abbinati a un corso interno o esterno di minimo 45 ore. Tali corsi sono promossi dal Consiglio Nazionale dell’Ordine. Esistono poi università, spesso collegate alla facoltà di lettere, che possono introdurre alla professione perché riconosciute del Consiglio Nazionale. Si tratta di bienni di specializzazione universitaria che sfociano spesso in uno stage presso importanti organi dell’informazione regionale o nazionale. Tali vie sono integrative o introduttive all’esame di idoneità professionale che sancisce la nomina.
Per diventare pubblicista bisogna iscriversi a un elenco svolgendo un’attività giornalistica retribuita e regolare di almeno due anni (art. 35 legge n. 69/1963). Oppure si può integrare l’attività personale giornalistica alla frequentazione di una scuola di giornalismo. Per essere valida e produttiva, la scuola deve garantire almeno diciotto mesi di pranticantato agli studenti, deve essere teorica e pratica e deve avere una testata-laboratorio che aiuti gli studenti a fare esperienza e a raggiungere un numero di articoli necessario per l’iscrizione all’albo. Esistono dodici scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine. A Milano ci sono la Carlo De Martino, la scuola di specializzazione al Sacro Cuore e il master dell’IULM. A Bologna c’è la scuola superiore di giornalismo, a Urbino l‘istituto per la formazione al giornalismo, a Perugia la scuola di giornalismo televisivo. A Roma c’è la Guido Carli, inquadrata nella LUISS, la scuola di specializzazione di Tor Vergata, la libera università Maria SS. Assunta. A Napoli c’è il master della Suor Orsola Benincasa. A Palermo troviamo il corso di laurea di Scienze della Formazione indirizzo giornalismo, a Sassari c’è il master biennale di giornalismo dell’università cittadina. Queste le vie maestre per accedere alla professione. Senza dimenticare un’infinita dose di passione e dedizione. Senza questa dote non si arriva da nessuna parte…