scandalo olimpiadi

Il ruolo di Twitter nelle Olimpiadi 2012 è stato di assoluto predominio mediatico, non senza qualche polemica.

Il popolare social network è stato protagonista di uno spiacevole accadimento che ha messo in luce alcune evidenti fragilità del sistema verso pressioni esterne.

Guy Adams infatti è stato censurato da Twitter per aver pubblicato un indirizzo email (facilmente rintracciabile online da chiunque), invitando a protestare contro la NBC per la ridotta copertura delle Olimpiadi.

La NBC, partner mediatico di Twitter per le Olimpiadi, ha prontamente chiesto la chiusura dell’account del giornalista, cosa che è stata fatta senza neanche verificare che le credenziali pubblicate erano di pubblico dominio e non private come fatto intendere dalla NBC.

Solo dopo diversi giorni sono arrivate le scuse di Twitter a riguardo, non senza mancare di evitare comunque di ammettere i propri errori in termini di censura, rimandando la cosa alla NBC.

Cosa ne sarà della famosa online transparecy policy di Twitter?

Di certo in tutta questa storia non ne esce fuori un profilo propriamente di qualità per l’azienda di Jack Dorsey, che sicuramente perde quel mantra di “campione della trasparenza” che contraddistingueva la società.

Non ultimo poi le dichiarazioni riguardo la chiusura della API agli sviluppatori terzi, con tantissime limitazioni che rischiano di far morire l’ecosistema che ha reso famoso Twitter in tutto il mondo.

La realtà è che l’azienda americana ha ormai un management che vuole rendere profittevole la piattaforma attraverso la pubblicità, e vuole diventare il più possibile attraente per gli investitori, evitando di disperdere (o peggio ancora vedere cancellati) i messaggi pubblicitari da parte di applicazioni partner.

Da un punto di vista economico non fa una piega, ma da quello etico? Forse sarebbe il momento che servizi del genere diventassero pubblici e non di proprietà di singole aziende private.

Lo stesso Facebook ha operato in maniera non molto trasparente su questioni non dissimili, e per cui il pericolo che le due piattaforme di social networking più usate al mondo possano cambiare policy, aprendo un confronto con i nostri dati non più basato sulla fiducia e sulla libertà di parola, è molto concreto.

Sottovalutare l’importanza di questi strumenti oggi significa non capire il ruolo cardine che hanno assunto nell’informazione a livello mondiale. Diamo sovvenzioni ai giornali? Diamole anche a Twitter, per evitare che cada nelle mani delle logiche di mero profitto aziendale.